venerdì 23 novembre 2012

Grande Raccordo Catodico


Grande Raccordo Anulare

Le lamiere. Non si vede altro. Forse un corpo scannato che vi respira dentro. La melma che sosta sul fondo non ha intaccato il vestito, ma sento comunque una crepa nel cranio. So che lo attraversa e dall’interno stilla sangue che rapido giunge al varco, prende ossigeno, si riversa su un boccolo caldo di barbiere.


Se avessi preso i mezzi non sarebbe accaduto tutto questo. Due passi e sarei salito nel tormento, in quel cunicolo di lamiere che trasporta ansimanti quanto squallidi avventori. Lì dove torna in auge la legge primordiale, lì dove ognuno lotta per un metro cubo di aria, di tempo, dove vengono meno le leggi elementari della prossemica e ci si schiaccia addosso come pacchi di riviste. Avrei trasferito le mie preoccupazioni sul restare me stesso, salvaguardando la ventiquattrore e convincendomi dell’utilità delle leggi che tutelano la proprietà privata. L’odore di pene fracido avrebbe surclassato ogni velleitario tentativo di toeletta mattutina e l’avrei immaginato, sì, l’avrei immaginato nel dettaglio quell’organo genitale intriso di sperma, urine e saliva, mi sarei tuffato nelle sue ipotetiche peregrinazioni, lo avrei accompagnato nel percorso che dalle claustrofobiche tramature di un tessuto sdrucito lo ha condotto qui, su questo autobus, a impregnarmi le otto di mattina.

Sono fuori. Ne sono fuori. Luciano si chiama il tassista. Lo ha scritto sul gagliardetto della Roma. Mi moje, mi fijo, prendiamo la tangenziale, ce sta ’na manifestazzione a Piazza Venezia, sennò famo notte, e bla bla bla. Luciano sfonda il guardrail.

Certo che l’auto consiliare potrebbe anche fare servizio a domicilio. Gli autisti chiudono gli scurini e ascoltano la radiocronaca, quando c’è, ogni tanto un guizzo ferino, portano la mano sul clacson, si arrestano, non lo pigiano, rialzano la mano stretta in un pugno, lo scuotono vittorioso quattro o cinque volte, urlano “daje”, e immediatamente si ricompongono. Dietro il separé, un colletto bianco maneggia una risma di fogli a stampa, una decina di post it, cinque o sei plichi di fogli manoscritti, tre penne, di cui una stilografica, due involti di carta velina, una pallina antistress che riattiva la mobilità dei tendini della mano. L’autista crede che l’uomo stia preparando un discorso ufficiale e opta per la regola del silenzio assoluto, il colletto bianco riordina con cautela scontrini, ricevute, assegni, estratti conto, consuntivi, e pensa che i termini per la richiesta di rimborso scadono l’indomani alle 13. Quell’uomo sono io. O avrei potuto essere io.

Ma io sono qui, ai piedi del Grande Raccordo Anulare, e le domande per il rimborso scadranno sempre domani alle 13. Sono qui e osservo un groviglio farraginoso, una spia bianca con la dicitura “taxi” e il gagliardetto di Luciano, che fino a qualche istante fa credeva fermamente che su moje stesse a casa a badà a su fijo e che a piazza Venezia ci fossero seicentomila sindacalisti incazzati con gli striscioni e i cappellini rossi.

Invece io credo che il corso antincendio non serva a niente. E nemmeno le simulazioni. Simulare. Poi quando scappi dalle fiamme hai solo modo di ricordarti che quella mattina uno spirito ignoto ti suggeriva di non indossare le Tod’s. Prima si pone l’individuo in posizione di sicurezza, ma senza toccarlo, per evitare l’aggravarsi di possibili fratture o la lesione irreversibile di organi interni. Devo porre Luciano in posizione di sicurezza senza estrarlo dalla fu autovettura. E accertarmi che nessun elemento esterno ostruisca il cavo orale e che non abbia la lingua ripiegata indietro e che i suoi polmoni pompino ancora aria e che non sia in corso un arresto cardiocircolatorio. Tutto ciò senza che Luciano si muova. E senza che io veda Luciano. Dov’è Luciano?

Io penso al carro attrezzi e alla sirena dell’ambulanza, penso al soccorso Aci e alle funi di 5 centimetri di diametro, penso agli ettolitri di carburante che si riversano sull’asfalto, su questo asfalto, che le erbe lo attraversano e si creano strade, fiumi, manti sotterranei e non c’è più catrame in questo angolo sperduto. C’è un amalgama di terra e benzina sul quale poggiano inermi le lamiere. E nelle lamiere c’è il gagliardetto di Luciano con Luciano accanto. E poi ci sono io che devo soccorrere l’estraneo Luciano senza muoverlo e anche oggi quello spirito mi aveva scongiurato di non indossare le Tod’s e anche oggi ho indossato le stilosissime Tod’s.

Il numero dei soccorsi. O delle pompe funebri. La bara di mio padre in legno scuro – io non l’avrei mai scelta così – e le scarpe comprate apposta per non camminare. Che senso hanno le scarpe di un morto? Mia madre insistette: l’obolo per Caronte, il rosario tra le mani, nell’aldilà non sai mai cosa trovi. E se l’anima restasse sulla soglia senza poter entrare in paradiso? C’è gente che pensa come Dante senza aver letto Dante. La moglie di Luciano a casa con il figlio non sa di dover entrare in un negozio di calzature maschili.

Sono fermo. Ho il telefono in mano. Chiamo i soccorsi. Ad un soffio le tre corsie del Grande Raccordo Anulare proseguono la corsa senza aneliti. Non ci troveranno mai qui, resteremo impigliati sull’asfalto aspettando che il bitume risucchi questa imperfetta palude di benzina.

- Signor Sindaco Buonasera...
Con chi parlo?
Sono Alessia de Carolis di “Cronaca in diretta”, Canale 8…
Mi scusi ma ora non posso parlare…
Signor Sindaco, la prego aspetti! Signor Sindaco!
 Guardi non ho tempo…
Lei è in diretta nazionale!
    
Applausi registrati. 

-      - Signor Sindaco, mi dispiace, ciò che le sto per comunicare non credo le farà piacere e mi scuso in anticipo… Luciano, il suo tassista, ha presente? È lì davanti a lei, se guarda all’interno dell’automobile dovrebbe riuscire a vederlo… Ecco, Luciano è morto. Una nostra troupe la sta raggiungendo sul luogo dell’incidente per portarla qui in studio così potrà raccontarci la sua esperienza in esclusiva…
-     - Mi scusi ma cosa sta dicendo? Sono sperduto ai margini del Raccordo, solo, non ho ancora chiamato i soccorsi, ho appena realizzato di essere ancora vivo.
-      - Ci dispiace vivamente. Un applauso per il Sindaco!

Applausi registrati. Dal pubblico qualcuno urla “Bravo!”.

-    - La nostra auto sta venendo a prenderla. Abbiamo già avvisato la moglie di Luciano e tra poco anche lei sarà qui con noi in trasmissione! Un applauso per il Sindaco!

Applausi registrati in studio. Fari di automobile sul volto del Sindaco. Un tuu tuu tuu nel telefono. Il volto di Luciano che gronda sangue e il gagliardetto della Roma, lì di fianco.

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